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“Mio figlio è un martire. Ora è in Paradiso”. Così la madre del pilota arso vivo dall’Isis che lancia un appello “Musulmani e cristiani devono essere uniti per eliminare questi terroristi dalla Terra”

“Mio figlio è un martire. Ora è in Paradiso”. Così la madre del pilota arso vivo dall’Isis che lancia un appello “Musulmani e cristiani devono essere uniti per eliminare questi terroristi dalla Terra”

Dopo il Re Abd Allah oltre 200.000 persone sono accorse a confortare la famiglia.

Autore: Rita Sanvincenti/mercoledì 18 marzo 2015/Categorie: Attualità, EML, Giordania

In esclusiva da Amman. Non esistono parole che possano descrivere il dolore di una madre di fronte alla morte atroce, inflitta da criminali, da barbari assassini, a suo figlio. Solo un lungo abbraccio, commosso, silenzioso può essere portato a confortare chi ha vissuto una sofferenza così immensa, a chi nel nome di una fede profonda, sicura, inattaccabile, accetta un destino già scritto: una fede e un coraggio così grandi che non possono non toccare il cuore. Durante la missione in Giordania l’Ambasciatore Alfredo Maiolese, Presidente dell'European Muslims League (EML), Segretario Generale del Parlamento degli Stati per la Sicurezza e la Pace, accompagnato, oltre che dalla delegazione italiana, dal Consigliere Politico On. Dr. Mohammad Alqudah Nouh, e dal Consigliere Diplomatico Mr. Talaat Hussein, ha incontrato la famiglia del pilota Muaz Alkasassbeh, arso vivo dai terroristi dell’Isis. La famiglia, appartenente ad una delle Tribù più importanti del Regno, vive nella città di Karak, situata ad oltre cento chilometri a Sud di Amman, antica fortezza crociata, dominate sulla vallata, conosciuta per la sua storia, per il suo imponente castello, adesso meta di tutti coloro – ad oggi oltre 200.000 persone - che da tutta la Giordania, dalla Palestina dall’Egitto, dalla Libia, dall’Arabia Saudita e dal Kuwait, giungono a portare conforto e solidarietà ai genitori del giovane martire.
In una grande sala, sulle cui pareti si trovano le foto di Muaz con la sua divisa, la famiglia accoglie, con l’esemplare ospitalità, tipica dei giordani, chiunque arrivi per confortarla e per sostenerla con la preghiera. È una affluenza continua a dimostrazione di quanto il martirio di Muaz abbia determinato un rafforzamento della fede in tutto il modo islamico, più che mai unito nel combattere i terroristi.
Così anche Yusef, fratello minore di Muaz, forse seguirà le orme del fratello. “Sono contenta - dichiara la madre Essaf Yassin Alkasassbeh - di avere anche questo mio figlio pilota, che combatterà per difendere sia la Giordania che tutto il nostro mondo. Sono molto orgogliosa di avere un figlio di questo genere”. Nessuna paura, nessuna incertezza può scalfire una fede così assoluta: “Noi crediamo al destino. Dio ha scritto il destino di questo mio figlio come ha scritto quello dell’altro. Quindi va bene per noi se anche lui farà il pilota: forse, però, il suo destino non sarà come quello di Muaz”. 
A quale età, signora Essaf Yassin, suo figlio Muaz ha espresso il desiderio di diventare pilota militare?
Quando ha finito di frequentare il liceo. Ha ricevuto allora due offerte: una per iscriversi all’Università di Medicina, in Russia e l’altra per intraprendere la carriera di pilota militare. Muaz ha chiesto a Dio quale scelta fare e così ha deciso per la seconda strada che, del resto, a lui piaceva molto.
Voi, la sua famiglia, siete stati contenti di questa decisione?
Sì. Sapevamo che sarebbe stato un mestiere pericoloso ma è lui che lo ha scelto. Questo era il suo destino.
Com’era suo figlio, quali erano le sue passioni oltre alla sua professione?
Amava molto la lettura. Leggeva sempre il Corano e pregava. Era un uomo profondamente religioso. Amava il calcio.
Era sposato da poco? 
Sì, con Anwar Tarawneh, il primo agosto scorso.
Dove si trova sua moglie adesso?
Adesso è a casa. È laureata in Ingegneria delle Telecomunicazioni e sta preparando la tesi per il Master post laurea.
Lei, signora, ha altri figli?
Ho quattro figli di cui il quarto era Muaz, e quattro figlie.
Vivono con lei e con suo marito?
Sì, quelli che non sono sposati, vivono con noi. È una famiglia molto unita la nostra.
Che attività svolgono nella vita?
Il primogenito, Jwad, è ingegnere informatico all’Università di Giordania; il secondogenito, che si chiama Jwdat, lavora all’Università di Zarqa, a circa trenta chilometri da Amman, dove insegna Scienze della Formazione; l’ultimo, Yusef, è ancora molto giovane: ha quattordici anni e quindi ha ancora due anni di studio davanti a sé prima di terminare il liceo. Delle femmine Asma è la più grande: è infermiera, è sposata e ha due figlie. Ansam, la seconda, si è appena laureata in giurisprudenza e si è sposata anche lei il primo agosto. La terza si chiama Tasnim e sta studiando contabilità. Alah è la più piccola delle femmine e frequenta ancora il liceo.
Sono tutti in Giordania?
Sì, a Karak, tranne due che sono ad Amman mentre Asma è a Dubai. 
Quanto è stato importante per lei ricevere tanta solidarietà a seguito della tragedia che ha subito?
È stato molto importante avere tanta gente vicino. Non sono mai stata sola. Sono sempre con persone che parlano con me e pregano, ma è stato importante anche che mio figlio avesse un mestiere tanto importante e che la sua morte sia stata unica nel mondo, al punto che tutti si sono commossi di fronte a questo crimine.
È la fede che le dà la forza per sostenere questo terribile dolore? 
Sì, ringrazio Dio per questo. Abbiamo tutti fede e sappiamo che lui adesso è in Paradiso. È un martire.
I giordani si sono dimostrati una grande famiglia, uniti a voi nella tragedia; uniti e forti contro il terrorismo. È così che si può sconfiggere l’Isis? 
Sì. Questi sono terroristi, criminali e noi dobbiamo essere uniti contro di loro: tutti gli arabi e il mondo islamico deve fare la guerra contro di loro per eliminare l’Isis dalla Terra. Questi non sono musulmani, sono criminali. La religione ci insegna a trattare bene tutti, a rispettare le persone, ad essere buoni, a vivere in pace. Questo è il vero Islam. 
Qual è il suo messaggio a chi lancia false accuse al mondo islamico di responsabilità nelle azioni terroristiche attribuite all'Isis? 

Prima di tutto l’Isis è terrorismo e non ha niente a che vedere con i musulmani. Inoltre, tutto il mondo - musulmani e cristiani - noi tutti dobbiamo essere uniti nel fare la guerra contro l’Isis che non è Islam – ripeto - ma solo terrorismo. L’Islam non è terrorismo, è una religione di fede, una delle tre religioni monoteistiche che crede a Dio, all’uguaglianza, alla pace. 

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