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Integrazione, tolleranza, o accettazione?

Integrazione, tolleranza, o accettazione?

L’accettazione genera armonia, rispetto, coesione e collaborazione tra musulmani e cristiani che nelle rispettive religioni hanno più punti di unione che di divisione

Author: Alfredo Maiolese/lunes, 28 de mayo de 2018/Categories: EML, Italia

Nel 1990 la Legge Martelli regolarizzava, per la prima volta, i cittadini extracomunitari che giungevano nel nostro Paese come rifugiati. Inizialmente marocchini o tunisini, che andavano progressivamente aumentando di numero, erano identificati come poveri arabi musulmani. Con il tempo, dallo stupore iniziale per la loro presenza, si è passati alla discussione, richiedendo ad alta voce che la loro permanenza dovesse accompagnarsi incondizionatamente all'integrazione nelle nostre tradizioni e nella nostra cultura. I musulmani arabi, però, ne hanno una loro, e professano una religione che, sebbene sia diversa da quella cristiana, è comunque una confessione monoteista, con le medesime radici e la fede nello stesso Creatore, avendo in comune più elementi simili che di divisione e di contrasto. Agli emigranti italiani che, tra Ottocento e Novecento hanno lasciato la loro terra in cerca di opportunità, lavoro e miglioramento della propria condizione economica e sociale, in Paesi europei ed extra, nessuno ha mai chiesto di rinunciare alla loro ricca ed eterogenea cultura. Del resto, ovunque, si sono integrati molto bene e hanno collaborato alla crescita economica e sociale della nazione che li aveva accolti così come oggi, nel nostro Paese, fa la maggior parte degli immigrati. Quando parliamo di integrazione non si dovrebbe varcare la soglia della sfera strettamente personale dell’individuo, quella che concerne gli aspetti della sua vita interiore, religiosa, delle sue tradizioni culturali e sociali, delle sue scelte alimentari che non offendono e non interferiscono con quelle di altri. È integrato colui che vive, lavora, studia, pratica sport, ed è in contatto con gli altri, con cui si relaziona nel rispetto della legge, dell'etica e delle regole civili. Chi trasgredisce la legge va giudicato e se condannato, punito: ciò vale per tutti. L’osservanza delle leggi e delle regole di un Paese, quale garanzia di una pacifica convivenza, nel rispetto degli interessi delle inclinazioni personali, delle conoscenze e professionalità diverse, sono le condizioni per definire un individuo integrato. Dopo numerosi dibattiti e discussioni, si fa sempre più forte la richiesta di integrazione. Ma il pressing esercitato rimane solo una volontà unilaterale, dopo aver constatato l'ostica difficoltà al cambiamento. L'integrazione non è avvenuta, restando i migranti saldi al bagaglio di provenienza culturale, e spirituale, spingendo di conseguenza, il dibattito sulla tolleranza.
Analizziamo la tolleranza. Il dizionario della lingua italiana dice: tolleranza s. f. [dal lat. tolerantia, der. di tolerare «sopportare, tollerare»]. – 1. La capacità, la disposizione a tollerare, e il fatto stesso di tollerare, senza ricevere danno, qualche cosa che in sé sia o potrebbe essere spiacevole, dannosa, mal sopportata. Perciò credo si debba passare ad un terzo approccio dialettico e strutturale con una bella parola che supera integrazione e tolleranza: accettazione. Accettazione dell'altro pure nelle diversità. Accettazione che corrisponde ad armonia, rispetto, coesione e collaborazione, rimanendo ognuno con il proprio personale patrimonio culturale e religioso. Spesso ho sentito dire che quando noi italiani andiamo in un Paese musulmano ed entriamo in una moschea, per non turbare la sensibilità dei musulmani, ci togliamo dal collo la catenina con la croce. Di conseguenza, quando i musulmani vengono in Italia devono accettare le nostre regole. Cerchiamo di fare chiarezza. Un turista italiano che si reca in un altro Paese e vi rimane per un periodo limitato, essendo viaggiatore, rispetta gli usi e costumi del luogo, come ugualmente deve fare l'arabo musulmano, venendo in Italia da turista. Tutt'altra cosa riguarda il residente al quale non possono essere imposte delle limitazioni. Il musulmano non mangia maiale. Il musulmano non beve alcolici. Il musulmano non è dedito al gioco. Il musulmano, come il cristiano, non deve tradire la moglie e pone particolare attenzione alla famiglia tradizionale, coltivando valori morali e rettitudine. A mio avviso si è fatta troppa confusione tra valori occidentali e religione cristiana. Quando noi musulmani siamo esortati ad assecondare i valori occidentali dobbiamo domandarci quali valori dovremmo seguire? I valori spirituali che ci ha lasciato Gesù figlio di Maria, che è nostro Profeta benedetto, pace sia su di Lui e sua madre, o i valori del consumismo, dell’oscurantismo, dell'immoralità, della distruzione della famiglia, della corruzione? Sentiamo dire che in Arabia Saudita non è concesso il permesso di costruire chiese e che quindi, in Italia, di riflesso, non dovrebbe essere concesso quello per le moschee. Il diritto internazionale prevede che tali decisioni spettino agli Stati interessati alla questione e non ai soggetti privati che non hanno titolo per entrare nel merito. Nei diritti fondamentali dell'uomo non è ammessa la rappresaglia e la professione del culto è garantita dalla nostra Costituzione e non deve essere richiamata solo quando conviene. Chi ha visitato Paesi arabi musulmani ha potuto facilmente verificare la presenza di Chiese e strutture ecclesiastiche cristiane dove i fedeli si recano a pregare. Quando un musulmano fa una preghiera, digiuna, fa l’elemosina, che fastidio può dare, ovunque si trovi? Non sono forse questi anche principi della religione cristiana? Perché si discute di incomprensione tra Cristiani e Musulmani? Sono più i punti che ci uniscono di quelli che ci dividono. I sostenitori e i paladini dei valori occidentali cosa difendono in realtà e chi sono? Sono essi praticanti e credenti del Vangelo o credenti e praticanti di valori tutt'altro che religiosi? I parametri da seguire per la pacifica convivenza tra credenti di fedi diverse sono ben delineati. Il musulmano non può imporre la sua religione e deve essergli permesso di professarla. Se digiuna, il sacrificio lo fa su se stesso e non lo pretende da altri. Al digiunante va detto di integrarsi alle regole occidentali. Gesù, pace sia su di Lui, non ha forse digiunato? Quando il musulmano prega il venerdì si sente chiedere perché, come se anche i cristiani non pregassero. Il musulmano insegna ai figli di evitare l'adulterio, che è un peccato anche per i cristiani, così come l’uso di anticoncezionali. Il musulmano non deve pretendere di far togliere il crocifisso esposto nelle aule delle scuole italiane che, seppure in uno Stato laico, fa parte della storia giudaico-cristiana del Paese. Il musulmano, in Italia, deve invitare il cristiano al dialogo ed alla comprensione. La diversità è ricchezza non limitazione. Si ha paura della Sharia che non è altro che una legge rivelata, scesa per disciplinare il rapporto tra Creatore e creature ed i rapporti tra umani. Quando noi musulmani insegniamo ad evitare corruzione e peccato, siamo visti come retrogradi e medioevali. In nome della modernità adolescenti bruciano tappe importanti dell'infanzia, diventando mamme bambine o baby papà; in nome della libertà si diffondono aids e malattie veneree. In nome della emancipazione si diffonde l’uso di droghe e dilaga la promiscuità sessuale. In nome dell'indipendenza non si rispettano i professori, ribellandosi agli adulti. In nome di Dio, noi musulmani, invece, rimaniamo fermi ed ancorati a "Lui ", il quale, va sempre seguito, amato, rispettato. Il problema non mi sembra, perciò, costituito dal musulmano che vuole seguire le orme dei Profeti, ma da colui che li ha dimenticati ed in nome della globalizzazione e della tecnologia a tutti i costi, si permette di deridere, criticare, infangare chi, invece si ricorda di loro, oggi ed in futuro. Il perbenismo ha impoverito la nostra nazione ed in nome di interessi mondani si vogliono annacquare le religioni. Il richiamo che tutti noi dobbiamo fare, uniti e nelle diversità dottrinali, è rafforzare la legge di Dio non depauperando il patrimonio dei libri sacri inviati all'umanità per la retta guida. Libri che qualcuno in nome delle democrazie e della libertà, vorrebbe riporre in una biblioteca rispolverandoli solo in occasione delle festività, relegandoli alla sola lettura e non alla pratica. Il terrorismo è il male assoluto, è la strumentalizzazione della religione. Noi viviamo l'Islam altri usano l'Islam.
Per concludere, sono da segnalare casi di assoluta ignoranza della religione. La famiglia può consigliare ad una ragazza un uomo da sposare, ma mai imporre le nozze con lui. Il velo non deve essere una costrizione ma una libera scelta come atto di devozione ed adorazione. Perché la donna velata dà fastidio? Non aveva forse il velo la Vergine Maria? Non avevano forse il velo le nostre nonne? Non hanno il velo le nostre suore? Chi arriva in Italia deve scoprirsi. Il coprirsi o lo scoprirsi sono situazioni che rientrano nella sfera personale della donna, che appartengono al suo pudore, che sono indice della sua rettitudine, della sua fede e del suo timore di Dio.



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