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14 set 2019

Dalle origini al futuro dell’Europa: dall’opera di Fabio Pallotta allo spettacolo di Aurelio Gatti, l’analisi del presente

Dalle origini al futuro dell’Europa: dall’opera di Fabio Pallotta allo spettacolo di Aurelio Gatti, l’analisi del presente

Autore: Rita Sanvincenti / sabato 14 settembre 2019 / Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Toscana / Vota questo articolo:
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Speciale Festival Internazionale Teatro Romano Volterra XVII Edizione. Hesperios, l’Occidentale, opera teatrale di Fabio Pallotta per parola musica e danza, affronta e indaga l’origine e l’identità dell’Occidente e dell’uomo occidentale. "Rappresenta - spiega l’autore - un viaggio poetico che dal mito di Europa giunge ai giorni nostri come espressione di storia millenaria e al contempo istanza per una rinnovata adesione ad una identità propria dell’uomo occidentale”.
Lo spettacolo, andato in scena al Teatro Romano, nel programma del Festival Internazionale, è stato prodotto da UNICAM Università di Camerino e MDA Produzioni Danza, in collaborazione con la rete culturale dei Teatri di Pietra.
Dalla ricerca del Professor Pallotta, geologo, ricercatore presso l’Università di Camerino, ha preso forma lo spettacolo che, nella messa in scena di Aurelio Gatti, regista e coreografo, diventa dialogo ed azione.
Professor Fabio Pallotta la sua opera ripercorre la storia delle origini dell’Europa. Da dove è partito per questo viaggio?
Dall’identità e dall’eredità. Per i Greci ogni fenomeno naturale e culturale veniva riferito inizialmente alla mitologia. Con essa avviene il primo viaggio da Oriente a Occidente ed è il viaggio di Europa, la bellissima principessa fenicia che abbandonò i suoi territori perché rapita da Zeus che si era invaghito di lei e che, trasformandosi in un bellissimo toro bianco, la condusse, attraversando il mare Mediterraneo, per la prima volta, ad Occidente. Arrivati a Creta, la sedusse. Si manifestò a lei, il dio, e da lì lei regalò l’alfabeto e la scrittura lineare, “a” e “b”, che in realtà è la nostra. È un viaggio mitologico, geografico, ma anche culturale. La stessa cosa accadde poi nella realtà, nella storia, con i Greci che, dalle loro πόλεις d’origine, si trasferirono piano piano, attraverso la migrazione dei loro figli, verso nuove sponde occidentali: sono loro a coniare per la prima volta questo termine che è penetrato nel nostro lessico e nella nostra filosofia. Gli occidentali sono i figli che hanno abbandonato la madre patria e hanno fondato la Magna Grecia, proprio qui in Italia. Perché li chiamavano occidentali? Perché da un lato c’era l’aspetto prettamente astronomico, geografico: dove il sole tramonta, per i Greci è il giardino delle Esperidi, delle mele d’oro; ma è anche una posizione geografica, l’Occidente, non solo dal punto di vista di punto cardinale, ma anche come trasferimento culturale dei miti, delle danze, della lingua, della cultura, della gestione politica di una società. Ecco che trasferirono anche le competizioni sportive, olimpiche, gli stadi, ma soprattutto il teatro, che è la grande rappresentazione dell’identità dell’Occidente. Si consideri che nel IV secolo a.C., di fronte a cinquemila, diecimila cittadini, gli attori interpretavano l’amore, l’odio, la guerra, il rapporto con gli dei, la morte. Di fronte a tutti un’analisi dell’uomo e della società in una lingua potente che era il greco. Noi ereditiamo tutto questo ed ereditiamo anche le forme strutturali della politica: la democrazia, la monarchia, l’oligarchia, la tirannia, che sono frutto di un elemento di dibattito, del confronto in piazza e nel teatro, che inizia come luogo politico, di assemblee di cittadini per decidere le proprie sorti.
È questa l’eredità dell’Europa di oggi? È nella sua identità che trova il futuro?
Sì. Per capire il futuro bisogna essere consapevoli e conoscere molto bene l’identità, il passato e la struttura delle nostre radici. Dalla storia mitologica il racconto rappresentato dai Teatri di Pietra, termina a Selinunte perché Selinunte ci assomiglia molto. È il punto più grande della ricchezza dell’Occidente, la più grande megalopoli greca d’Occidente che si fonda quasi al confine, lontano dalla madre patria, lontano dalle sorelle greche. Questo le determina una ricchezza immensa e una invidia altrettanto immensa, ma non riesce più ad avere il tessuto dell’alleanza, della diplomazia. Perde le proprie origini e va incontro ad una catastrofe epocale. Il massacro di Selinunte è raccontato dagli storici come una delle più grandi distruzioni che abbia subito una città dell’Occidente. Rimane sola, perdendo la propria identità, la propria missione.
Qual è il messaggio che Hesperios contiene?
È un messaggio di carattere culturale, ma quando si fa cultura si fa politica. L’Europa vive della propria storia, della propria lingua, delle proprie tradizioni. Non a caso i Greci dicevano che tre sono le stelle che ci orientano: la giustizia, la pace, il buon governo. Sono stelle di riferimento. Se si perdono si perde Hesperios, il pensiero occidentale.
Quindi anche l’identità?
Certamente. È un discorso complesso che non è legato alla quotidiana visione progressista oppure restauratrice. È una questione di identità del pensiero. Sapremo vivere in un modo diverso dalla filosofia occidentale e dalle colonne portanti della nostra tradizione? Tra esse vi sono anche le competizioni olimpioniche, che per i Greci erano un agone legato alla capacità di serietà di comportamento e di preparazione fisica, pari a quella intellettuale, in cui la lotta determinava un vincitore che si avvicinava così agli dei: ma poteva vincere solo con il sacrificio, con l’impegno. Questo è un altro messaggio di Hesperios: impegno, studio, sacrificio per raggiungere quello che per i Greci, nella mitologia, era l’Olimpo, erano i semidei. Nelle competizioni olimpiche, come per il grande protagonista del teatro, questo avveniva solo attraverso una grande preparazione e competenza dell’argomento. Con l’impegno e con la preparazione si può superare ogni crisi. Senza di essi non si va da nessuna parte.





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